Il disegno umoristico non è una forma d’espressione che possa essere rinchiusa in una sola definizione.
Nel corso del tempo ha incarnato tendenze differenti. All'origine era stata una manifestazione in cerca del laido, ossia dell'espressivo. In seguito, essendosi modificati i concetti di bellezza, avendo perduto quest'ultima la sua supremazia in quanto ideale, ha strappato la caricatura al suo ruolo specifico di ricerca del non bello. E tutta una tendenza del disegno d'humour contemporaneo che si riallaccia a quella ricerca del laido, è segnata da un « antiestetismo violento ». Inoltre i rapporti tra realtà e caricatura si sono anch'essi modificati.
All'origine, e in linea generale, quest'ultima si riferiva alla realtà esagerandola e deformandola: oggigiorno essa è, di solito, « un gioco libero staccato dai legami diretti della realtà ». Questo profondo abbandono della realtà da parte del disegno umoristico in favore di un’« esplorazione del fantastico » si concepisce ancor più se si pensa che i mass-media moderni, fotografia, cinema e televisione, hanno sviato il disegno umoristico dal suo ruolo primordiale di strumento d’informazione attraverso il divertimento.
Con l'uso del non senso, dell'assurdo, del surreale e della distanza grottesca, certi disegnatori mostrano meglio un mondo che è diventato esso stesso una caricatura.
« La realtà supera ormai la satira? ». In altre parole, il mostro caricaturale si identifica ormai con la realtà, è la realtà stessa? Può darsi, ma proprio perché questo mostro globale non viene identificato e vissuto come tale ma come normalità quotidiana, compito della satira è di additarne i reali contorni, di rivelarne il ruolo.
Occorre porre sullo stesso piano d’oggetto da sottoporre a critica tutto quanto, nella società contemporanea, si presenta come negazione e come « burocratizzazione della fantasia » o della vitalità, sacrilegiando le forme di disumanizzazione, di meccanicismo e di grossolanità.
Il dramma di una cultura di massa, è che « il modello del momento di sosta diventa una norma », il sostitutivo di ogni altra esperienza intellettuale e quindi l'assopimento dell'individualità, la negazione del problema, la resa al conformismo dei comportamenti, l'estasi passiva richiesta da una pedagogia paternalistica che tende a creare sudditi adattati. Talvolta i disegnatori umoristici cercano la propria espressione o il proprio rifugio, nel gioco delle linee e nella pura ricerca grafica. Nondimeno, anche in questo caso, questa scelta è fondata. L'ironia puramente grafica è infatti una delle grandi conquiste del nostro tempo; essa ha considerevolmente arricchito il campo del disegno d'humour.
Le linee, le superfici, la cornice stessa, sono tutti elementi che il disegnatore utilizza come elementi essenziali dell'ironia. Meraviglioso e spirituale, « un linguaggio di soli segni è nato, e rende le parole perfettamente superflue »; esso si fonda sul principio di accordi ottici, di doppi sensi, di analogie e di metamorfosi formali. Questa ironia che si trascrive per mezzo del segno, fa ricorso alle sorgenti del mondo dell'inconscio. I giochi d’immagini e di spirito, sorti dal profondo dell'io, che « bussano alla sfera del fantastico e talvolta dell'incubo », di cui i pittori e i poeti surrealisti si sono fatti volentieri i maghi, sono diventati l'essenza stessa di tutto il disegno d'humour attuale. Il linguaggio particolare dell'ironia in immagini coi suoi doppi significati, le sue abbreviazioni e le sue combinazioni, le sue traslazioni della realtà a dei livelli diversi, non si capiscono che in una percezione psicologica immediata. E a più riprese questa forma d’ironia fa appello alla creatività del lettore, alla sua capacità di stabilire delle associazioni, e al suo potere di prolungare le combinazioni. « Il disegno umoristico ha dunque raggiunto una nuova funzione quella di insegnare a vedere? ».
Il suo linguaggio di sicuro affina la percezione visuale e l'ironia diventa materia di riflessione. « Bisogna tuttavia eliminare di primo acchito una produzione molto povera ma assai vasta, di un valore e di un contenuto estetico totalmente stereotipato ». Si potrebbe semplicemente dire che il disegno d'humour è una forma di espressione che vuole e deve ricercare quello che è differente e particolare. Per questo usa l'esagerazione, l'ingrandimento o il restringimento, l'invenzione formale o la ri-creazione del reale, al fine di rendere visibile una verità e una realtà che gli sono proprie. Il disegno d'humour aiuta a spezzare le abitudini di pensiero e di visione « congelate ». Aiuta, incitando a ridere e a riflettere, a chiarire le contraddizioni che si generano in noi stessi e di cui noi soffriamo: l'humour e l'ironia ci permettono di guardare quello che effettivamente siamo, dietro alla nostra maschera.
La teoria del grottesco, dello humour, della satira non è che la riduzione delle sovrastrutture proliferate intorno all'oggetto e al concetto, vale a dire la « distruzione del simbolo ». Smascherando a tutti i livelli gli enigmi dello status quo, « l'humour tende a restituire la sua primordiale nudità al vero », spogliandolo dei significati aggregati e artificiali.
La sferzata satirica ha il compito di svelare l'assurdo che è nel consueto. Ma l'operosa società d'oggi, questa civiltà perfezionistica e ripetitiva, questa storia senza un minimo di inventiva, hanno la « virtù » di normalizzare, cioè di « rendere accettabile e di massificare, anche lo straordinario e lo strabiliante, di adattarci ad una irrealtà accettata come fenomeno quotidiano ».
Siamo così disposti al sopruso quotidiano, ma siamo del tutto incapaci di stupirci per le continue manomissioni della condizione umana.
Lo sconquasso che è in giro è dovuto al conflitto dei due piani: quello reale, di fondo, e quello dei rituali con cui gli uomini cercano di sfuggire all'ineluttabile, e inventano tabù e convenzioni entro cui nascondersi. È una « età della ragione » governata da stregoni intenti a falsificare l'esistenza col cumulo quotidiano dei rituali magici, a inventare illusioni d'uso comune, a esorcizzare la natura e le vocazioni spontanee creando controfigure, a « tentare di far coincidere tutto », il bianco e il nero, il buono e il suo contrario, l'apparenza e la sostanza.
Lo scomodissimo humour ha invece la funzione di dimostrare che in ogni caso nulla coincide, ha lo scopo di lottare contro l'abitudine e i comportamenti cristallizzati. E, naturalmente, non può aver fortuna. Siamo sempre meno disposti a sorridere, impegnati come siamo a nascondere la testa nella sabbia, come lo struzzo.
La natura del discorso figurativo del disegno d'humour contemporaneo, solo per convenzione può essere definito « umoristico », perché in effetti è un tipo di disegno, amaro, crudele, dissacratorio, che non lascia spazio per la risata o il sorriso liberatorio, bensì pone il fruitore in uno « stato di disagio, di malessere », di consolazione frustrata. È ancora, quello della frustrazione dei sistemi di attesa, il discorso dell'avanguardiain genere, ma la scelta del modulo umoristico, lo pone ad un livello di comunicabilità maggiore, gli permette di superare il gap tra pubblico colto e fasce più vaste di possibili fruitori.
Di fronte alla compostezza ipocrita imposta dalle norme sociali, di fronte ai miti borghesi della produttività e del lavoro, l'humour rivendica una libertà anarchica, espressa dal gioco apparentemente gratuito. Alla seriosità di un miope razionalismo o di uno squallido spiritualismo si oppone la violenza della risata, l'improntitudine di un gioco senza norme, l'allegria sfrontata di un viaggio verso mondi nuovi ed inesplorati: il comico e il gioco, di cui si riconosce il legame necessario ed inestricabile, e che non vengono recepiti come semplici fatti culturali, da considerare chiusi nell'ambito ristretto dello spettacolo o della fruizione estetica, ma vogliono arrivare ad impegnare tutti i momenti dell'esistenza e del comportamento, in modo da « cambiare l'accento e la qualità della vita ».
Dal punto di vista dell’« uso Iudico ed insieme distruttivo del comico », l'humour è un metodo per rompere ogni adattamento a ciò che è dato, una via per scalzare i limiti reali e storici in cui è chiusa la condizione umana, una macchina per fare il vuoto.
Ma dietro questa apertura verso il vuoto, dietro questo processo di derealizzazione, André Breton ha scoperto subito le tracce di una costruzione alternativa, di una immediata « promessa di felicità »: « alla cattiva realtà che nega e distrugge, l’humour oppone l'invenzione di una realtà superiore »; allo svuotamento può succedere così il recupero di contenuti profondi, di configurazioni del pensiero e della fantasia impensate, che vengono ad offrirsi come nuovi modelli di valore di gratificante « pienezza ».
L'humour è allora collegato a quei procedimenti che mettono in rapporto col fondo segreto dell'universo, con la surrealtà, con l'automatismo psichico e il caso oggettivo con tutto il loro peso di sublime sacralità, investiti aristocraticamente di attribuzioni di « altezza » e nobiltà, « collocati nel punto più elevato di una vera e propria gerarchia dello spirito umano ». Lo stesso humour finisce dunque per acquistare il valore di una suprema « filosofia della vita ».
A questo punto è facile rendersi conto che la stessa concezione bretoniana rientra in pieno nella millenaria « tradizione di svalutazione del comico più basso e vile »; inoltre vengono confermate, con maggiore chiarezza, le ragioni per cui Breton preferisce parlare di humour, piuttosto che di comico in generale: la nozione di humour (con l'aura romantica che porta in sé, rafforzata dall'aggettivo « noir ») gli garantisce infatti il recupero di un segno spirituale, la riattivazione di una gerarchia, dopo la prima mossa antigerarchica e distruttiva del suo procedimento derealizzante.
Che sia fine a se stesso, gioco integrale del paradosso, improvvisa impennata che scopre la parte segreta e gelosa della condizione umana di cui mostra l'antiregola, oppure che costituisca il pretesto iniziale di un rovesciamento del luogo comune e del consueto, per ridimensionare addirittura il drammatico e il patetico, l'umorismo è in ogni caso una forza positiva, proprio il contrario di quanto ritengono alcuni censori arroccati sulla superficie delle loro profondità convenzionali, che cioè si tratti di una vocazione al negativo, quasi si trattasse di gratuità surrealistiche, di una marcia verso il vuoto, verso gli spazi bianchi oltre i quali sia possibile dimenticare l'angoscia.
Se è vero, come è vero (non fosse altro perché lo diceva Cervantes), che il riso ha sempre bisogno « di cose vere anche se poco sensate », com'è possibile sostenere la tesi del riso, per l'appunto coltivato, per distruggere la realtà o per sfuggirla?
L'umorismo è al contrario, la ricostruzione della verità liberata dalle sovrastrutture dei luoghi comuni, dalle convenzioni più appariscenti ed ovvie; è la restituzione in integro della natura alienata dagli usi e dai consumi, dalle regole fisse, dai sentimenti manovrati, dalle convenienze, dalle istituzioni e dai dogmi.
Per respingere l'idea provocatoria e tendenziosa che l'umorismo sia disimpegnato ed evasivo basti pensare alla satira e alla parodia (che non appartengono certamente al genere elegiaco e lirico), le quali capovolgono –esasperandola – la stupidità automatica del mondo, proprio per indicare una realtà violata dagli abusi e dalle contraddizioni. È un recupero della libertà non soltanto morale, ma anche della libertà delle forme.
Accertato, con le formule medesime della scienza, che non c'è soltanto una via per giungere alla verità, ma ce ne sono cento e cento, l'unica azione possibile consiste nello stare all'erta, deprimendo e distruggendo i tabù, i nuovi miti e i facili schemi. Ecco il compito costruttivo dell'umorismo. « Impegnarsi e disimpegnarsi di continuo, ecco la libertà, la difesa dall'atto gratuito rovesciato. Le grandi verità nascono dai roghi e non tanto dall'accumulo ».
La « confusione ardente con la vita », vecchio concetto della creazione poetica, è il contrario della selezione che l'umorismo vuole sempre operare per evitare le stratificazioni (anche formali).
L'umorismo è una mediazione tra verità e poesia, tra il mondo dei sapienti e Tag(s) : #Point de vue